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RESPONSABILITA’ CIVILE: PER LA CASSAZIONE IL DANNO NON PATRIMONIALE DA PERDITA DI STRETTO CONGIUNTO SPETTA ANCHE AL CONCEPITO.

Il danno parentale è una peculiare forma di danno non patrimoniale iure proprio del congiunto che consiste in radicali e traumatici cambiamenti dello stile di vita e nella sofferenza interiore derivante dal vedere compromesso o radicalmente mutato  il rapporto con il proprio familiare che ha subito un danno diretto da parte di un terzo (incidente stradale, errore medico, infortunio ) .

Si tratta di un danno dimostrabile anche attraverso fatti notori, presunzioni oppure attraverso massime di comune esperienza poiché la presenza di un rapporto di parentale  fa presumere dolore e sofferenza nel familiare laddove subentrasse una perdita o alterazione del legame con il proprio congiunto.

Tuttavia se è facile immaginare che un figlio possa soffrire per la perdita del padre o della madre così come è sicuramente fonte di sofferenza la perdita di un genitore o di un coniuge o semplicemente una alterazione delle condizioni psico-fisiche dello stesso che possano incidere sul legame affettivo , è sicuramente più complesso immaginare che tale sofferenza o pregiudizio possa esistere anche per il concepito. Al di la delle diverse chiavi di lettura etico – moralistiche che possono essere attribuite alla figura del concepito, sappiamo, infatti, che giuridicamente la posizione di quest’ultimo appare di non facile identificazione. Dal punto di vista giuridico,infatti,  il concepito è l’essere umano che vive nel ventre materno.  E’ noto che ai sensi dell’art. 1 del codice civile, la capacità giuridica si acquista al momento della nascita e ciò è  prodromico all’attribuzione della capacità di imputazione delle situazioni giuridiche soggettive .  Il  concepito, fino a che permane nel ventre materno, non ha capacità giuridica e tutti i suoi diritti sorgono al momento dell’evento nascita.  Secondo, invece, altra teoria anche  al concepito vengono in modo non equivoco riconosciuti diritti, cosicché se ne riconosce implicitamente la soggettività e la capacità.  

In questo non facile quadro dottrinale che si snoda anche all’interno di complesse diatribe etiche, religiose e scientifiche, e che deve tenere conto anche delle esigenze della società attuale che necessita di sempre più tutele della dignità umana, si è sviluppato anche il tema del riconoscimento del danno parentale per il concepito.  Fino a pochi anni fa la giurisprudenza più autorevole respingeva tale ipotesi. Oggi, invece, la posizione delle Corti appare nettamente cambiata. 

Secondo chi sostiene la teoria del riconoscimento del danno parentale in capo al concepito sostiene che il concepito,cioè, sarebbe danneggiato dalla perdita prematura di uno dei genitori prima della sua nascita o da una alterazione significativa della integrità psico-fisica degli stessi,a prescindere dal fatto che l’evento dannoso sia avvenuto quando lo stesso era ancora nel ventre materno, poiché tali eventi compromettono inesorabilmente la possibilità del concepito di godere della  presenza di entrambe le figure genitoriali e di essere educato in futuro in un contesto familiare bi-genitoriale, perdendo anche l’opportunità di instaurare prezioso rapporto con il familiare venuto a mancare o impossibilitato a seguire il nascituro in maniera completa nelle sue fasi di crescita.

Questi i fatti che hanno portato alla decisione:  un meccanico trentasettenne veniva investito da un’auto che gli aveva tagliato la strada mentre si recava in moto ad effettuare una riparazione.   In seguito, egli riportava lesioni particolarmente gravi . Nonostante i numerosi ricoveri e ben sette interventi chirurgici, subiva, a distanza di alcuni anni dall’evento, l’amputazione della gamba ed era costretto all’assunzione continua di oppiacei per alleviare il dolore.  Lo stesso era totalmente impossibilitato a svolgere qualsiasi attività lavorativa tanto da essere costretto a chiudere l’officina di cui era titolare.

L’uomo e i suoi familiari, tra cui la moglie anche per conto dei figli l‘uno minorenne e l’altro non ancora nato, richiedevano il risarcimento dei danni subiti. L’uomo chiedeva il risarcimento per danno da riduzione della capacità lavorativa mentre la moglie chiedeva per sé e per i figli il riconoscimento del danno parentale.

La spinosa questione giungeva, dopo una lunga trafila giudiziaria, dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione che si pronunciava con la sentenza n. 4573/2023 e che riconosceva in capo ai figli, soprattutto eccezionalmente anche in capo al bambino non ancora nato e quindi solo concepito, il risarcimento del danno parentale.

Secondo la Corte tale danno doveva essere riconosciuto in via presuntiva (al pari di quanto accaduto con altri prossimi congiunti) e ciò in virtù dell’inevitabile e radicale impatto del sinistro sulla vita dell’intero nucleo familiare, dunque anche sul concepito: lo stesso infatti, a prescindere dal fatto di non essere ancora nato al momento della verificazione dell’evento, subirà comunque le conseguenze nella propria vita  di quanto accaduto al padre che a causa dell’handicap non potrà seguirlo e dedicarsi a lui pienamente e che non potrà nel contempo contribuire alla vita familiare dal punto di vista del sostentamento economico.

 Importante è comprendere, inoltre che, in base a quanto chiarito dalla  Cassazione in questa e in altre pronunce simili, il danno parentale dettato dalla sofferenza che il figlio prova, a prescindere da che età abbia al momento dell’evento, non si configura solo nell’estremo caso del decesso che impedisce al concepito l’instaurazione del rapporto familiare con il genitore venuto a mancare ma si configura anche in tutti i casi, come quello di specie, in cui il rapporto con il congiunto potrà inevitabilmente “atteggiarsi in modo differente”(si veda sul punto anche Cass. 30.08.2022).

 Pertanto, la Corte ha così stabilito un nuovo importante precedente : appurato il nesso di causa fra comportamento colposo del terzo che cagioni lesioni o la morte di un congiunto e danno derivato al soggetto che, una volta nato, acquisterà personalità giuridica, sorge e deve essere sempre riconosciuto al figlio un diritto al risarcimento del danno subito.